Larino | La storia e la leggenda, l’arte e la tradizione

di Lorenzo Di Maria

 

Anno del Signore 303 d.C.

Nell’arena di un grande anfiteatro tre giovani fratelli, Primiano, Firmiano e Casto, sono raccolti in preghiera. Intorno a loro una folla di dieci, dodici, forse quindicimila persone si prepara ad assistere a uno straziante spettacolo. All’improvviso, dalla fossa al centro dell’arena, entrano in scena dei leoni. L’ordine dell’imperatore Diocleziano è chiarissimo: sterminare i cristiani. Quei tre fratelli non sono semplici cristiani, ma degli evangelizzatori processati, condannati a morte e ora inermi e rassegnati davanti alle belve feroci. Tra lo stupore di tutti i presenti, i leoni non li attaccano, anzi si ammansiscono e quasi li venerano.

Primiano e i suoi fratelli attraversano la porta Nord, quella riservata ai gladiatori vittoriosi, ma ne escono sempre da condannati a morte. Vengono condotti, infatti, al tempio di Marte per essere decapitati; un triste destino che li ha portati a diventare Martiri. Col successivo imperatore, Costantino, il cristianesimo sarà libero di fiorire in tutto il mondo. La chiesa fondata dai tre Martiri Larinesi in quella loro città, che al tempo faceva più di centomila abitanti, non è stata edificata invano. Diventerà, nel corso dei due secoli successivi, un’importante sede vescovile.

 

Anno 842

Facciamo ora un piccolo salto avanti nel tempo, nell’anno 842. Quella di Larino è una delle 34 contee del Ducato longobardo di Benevento. La posizione favorevole, su una delle dolci colline che costeggiano il Biferno e lentamente declinano verso il mar Adriatico, sarà la sua disgrazia. Una città ricca ma anche troppo esposta; un bottino goloso per i Saraceni. Lo stesso anno arriva dal mare un’orda feroce che distrugge Larino e disperde la sua popolazione. Ne approfittano gli abitanti di Lesina. Le reliquie dei Martiri Larinesi sono incustodite, perciò è il momento giusto per trafugarle. Ancora oggi, infatti, sono venerati come patroni della città lacustre nel nord della Puglia. Accortisi del furto, i larinesi si dirigono verso Lesina, armati di quello che possono, ma presso Lucera si imbattono in una sepoltura, a sua volta abbandonata. “San Pardo vescovo”, recita la lapide.

 

25, 26, 27 Maggio

Prendono quel corpo santo, lo depongono su un carro agricolo trainato da buoi e tornano verso Larino. Arrivati alle sue porte, però, bisogna scegliere: in una direzione c’è un’antica e gloriosa città ormai distrutta; dall’altro lato, un piccolo villaggio segreto, in cui si è rintanata parte della popolazione, protetta da un antico torrione che diverrà, col tempo, un imponente Palazzo Ducale. Scelgono di percorrere la strada nuova. Fanno il loro ingresso trionfale in paese il 26 maggio, mentre i fiori primaverili si posano dolcemente sulle reliquie del nuovo santo patrono. Esse vengono deposte nella piccola chiesa dedicata all’Assunta, quella su cui verrà edificata, tra il XII e il XIII secolo, l’attuale Basilica Cattedrale di San Pardo, gioiello assoluto dell’arte molisana. Quel giorno, un popolo in festa ritrovava un po’ di speranza. Grazie a San Pardo, Larino poteva continuare a esistere, ed è questo in fondo il motivo storico, al di là di quello religioso, per cui ancora oggi larinesi di ogni età e di ogni generazione tengono in maniera quasi viscerale alla loro festa patronale.

Il 25, 26 e 27 maggio di ogni anno, la città in festa rievoca quelle antiche storie di reliquie trafugate, e lo fa con un corteo processionale di circa 125 carri trainati da buoi e addobbati ognuno con centinaia di fiori di carta realizzati a mano. Un’arte vera e propria che si rinnova, una tradizione che affonda nei secoli, una danza armonica che si dipana tra larghe strade e vicoli stretti, che coinvolge tutta la collettività e ne definisce l’identità. Una festa grandiosa e suggestiva che merita di essere vissuta, oltre che vista, almeno una volta nella vita. Proprio in virtù della sua festa patronale, delle Luminarie natalizie, del Carnevale, della Fiera d’Ottobre, delle tradizioni, delle leggende e della sua storia millenaria, Larino rappresenta una tappa fondamentale per chiunque voglia visitare e conoscere il Molise.

Tra i palazzi più moderni e le pregevoli ville Liberty che costellano il Piano San Leonardo, si schiudono le testimonianze maestose di una storia gloriosa. Nel Parco archeologico di Villa Zappone e nel Museo civico di Palazzo Ducale è possibile ritrovare le tracce di questo passato, percorrerle e camminarci attraverso; magari finendo al centro dell’anfiteatro, come i Martiri Larinesi e, senza pubblico né leoni, lanciare un grido per apprezzare l’indescrivibile acustica. Allontanandosi da Piano San Leonardo per scendere a valle, verso il “fosso”, si rimane incantati dalla bellezza del centro storico medievale di Larino, con il Palazzo Ducale, la chiesa barocca di San Francesco, le dimore signorili e il Palazzo vescovile coi tesori del Museo diocesano. Inaspettatamente ci si ritrova di fronte, anzi di sbieco, la facciata della Cattedrale, imponente, con la sua simbologia misteriosa, il suo portale (autentica opera d’arte), la perfezione delle forme geometriche, l’alto campanile e il rosone asimmetrico, unico al mondo a 13 raggi, che toglie il fiato.

Larino è tutto questo e molto altro. È la sua gente, ma anche i silenzi dei suoi vicoli, rotti a volte solo dal rintocco costante delle campane. La sua storia risuona in quei rintocchi, si fonde inestricabilmente con l’arte e la tradizione e rende Larino una delle città migliori per riempirsi gli occhi e il cuore di Molise.

Si ringraziano per le foto Guerino Trivisonno, Paolo Pasquale e Francesco Iafelice