di Giovanni Capobianco
Il rapporto tra l’uomo e alcune specie animali è stato sempre condizionato dalle credenze e dalle tradizioni culturali e soprattutto da luoghi comuni. Alcuni animali grazie a queste “credenze” hanno avuto la fortuna di essere considerati positivi e quindi più facilmente tutelati. Per altri, i pregiudizi nati dall’ignoranza o da errate interpretazioni dei comportamenti animali, hanno spinto nel tempo le persone ad accanirsi contro di essi, causando loro seri problemi di sopravvivenza a livello locale. In particolare, il ruolo negativo dei serpenti è stato sottolineato più volte dalla tradizione e dall’iconografia religiosa occidentale, nonostante nei nostri paesi non esistano specie particolarmente pericolose.
I rettili e gli anfibi sono le due classi tra gli animali che destano più timore. Spesso ci è capitato di dover saltare in aria per un rospo comune incontrato per strada dopo una pioggia; un nero biacco che attraversa da un ciglio ad un altro la strada davanti noi, una lucertola che con la sua lingua biforcuta “gusta” l’aria su un tronco o su un muretto. Eppure gli anfibi ed i rettili sono degli ottimi bio-indicatori, in grado di constatare l’integrità di un territorio e il suo stato di salute.
Dagli anni ’80 gli anfibi sono considerati il gruppo tra i Vertebrati più a rischio d’estinzione, questo perché sempre più zone a loro idonee vengono distrutte. Grazie alle istituzione di leggi Internazionali e alle Aree Protette, come il Parco Nazionale del Matese e Oasi di protezione, è stato possibile rallentare questa perdita di biodiversità. Il Molise in generale, presenta una roccaforte per moltissimi Anfibi e Rettili italiani. Acque limpide per gli anfibi (legati soprattutto a queste per la loro riproduzione) e habitat incontaminati per i rettili consentono la conservazione di ben 25 specie: 13 per i rettili e 12 per gli anfibi. Dove è più facile incontrare rettili e anfibi? Beh ovunque! Di solito gli anfibi, che si dividono in Anuri (senza coda – rane, rospi, raganelle), Urodeli (con coda – salamandre, tritoni) e Apodi; è possibile incontrarli ove presenti ambienti umidi o bacini lacustri, abbeveratoi, pozze d’acqua.
Gli Anuri presentano una pelle fine, umida e nuda: costituisce infatti un importante organo respiratorio, forse più importante dei polmoni che non riescono a dilatarsi o restringersi come i nostri e quindi non riescono ad immagazzinare l’ossigeno necessario per la respirazione. Lungo fossi e canali è facile, durante il periodo primaverile, ascoltare il gracidare delle Rane verdi; mentre durante le sere, dopo un temporale primaverile lungo le strade, s’incontrano decine e decine di Rospi comuni che il più delle volte vengono schiacciati sulle carreggiate.
I Rettili invece sono differenti dagli Anfibi non solo per differenze strutturali, ma soprattutto perché per la riproduzione non depongono uova in acqua. Ai rettili appartengono i Cheloni (tartarughe), i Sauri (lucertole e gechi), gli Ofidi (serpenti) e i Loricati (alligatori e coccodrilli). I rettili presentano una particolarità molto importante ovvero la presenza di squame sull’intero corpo che consente di trattenere acqua e quindi di non disidratarsi a differenza degli anfibi.
I siti più interessanti per poter osservare questi animali? Ogni sentiero, strada, bosco, torrente, muretto può celare un palcoscenico per questi animali. Ogni luogo è quello giusto per poter osservare un animale. Per le rane verdi, le raganelle ed i tritoni gli ambienti dove più facilmente è possibile rinvenirli sono sicuramente i bacini lacustri: Lago Matese, lago di Gallo e Letino. Inoltre, anche i torrenti ed i fiumi spesso riservano sorprese: il Volturno, il Sava, il Maretto, il Titerno spesso custodiscono popolazioni lungo il loro corso.
Ogni specie poi ha le sue esigenze: le rane preferiscono acque ferme e tranquille; le Salamandre torrenti con formazione di pozze; le raganelle prediligono bacini o acquitrini con presenza di Cannucce dove potersi “incollare” allo stelo. I tritoni preferiscono sia zone paludose che abbeveratoi: spesso negli abbeveratoi matesini è possibile rinvenire le larve o gli adulti (gli anfibi effettuano la metamorfosi, ovvero lo stadio iniziale non corrisponde con quello finale – uova, girino, larva, adulto) di Tritone crestato oppure di Tritone italico. Tra forre e sentieri impervi, spesso inaccessibili, svolgono la loro vita specie di pregiato interesse naturalistico. La Salamandrina dagli occhiali è una di queste. Specie endemica d’Italia, trova rifugio presso torrenti incastonati tra pareti rocciose subverticali di natura calcarea: qui svolge lentamente il suo ciclo vitale. La Salamandrina dagli occhiali è un anfibio ritenuto importantissimo dalla comunità scientifica tanto da essere tutelata con leggi speciali di conservazione.
Proprio come l’Ululone appenninico, altro endemismo dell’Appennino.La “Bombina” è un piccolo rospetto con colorazione delle parti inferiori giallo brillante, con gli occhi a forma di cuore è la parte dorsale di colore grigiastra con frequenti verruchette che corrispondono alle ghiandole sierose ove riposte sostanze urticanti. Caratteristico è il suo “uhh-uhh-uhh” udibile nei pressi dei siti ove presenti e che appunto caratterizza il suo nome: “Ululone”.
Non manca ovviamente la possibilità d’incontrare anche serpenti come la Natrice dal collare, innocua e per nulla velenosa (in Italia solo 4 specie appartenenti alla famiglia delle Vipere sono pericolose per l’uomo), lungo le sponde o sui massi dei torrenti, immobili al sole, in cerca di tepore per la termoregolazione.
Nelle zone più antropizzate o nelle campagne subito fuori paese, spesso si possono incontrare i Biacchi, lunghi serpenti neri, innocui, ma spettacolari. Spettacolari perché? Quando? Durante il periodo tardo primaverile il Biacco effettua un complesso rituale di corteggiamento che precede l’accoppiamento, caratterizzato da una danza passionale, vigorosa, intrecciata! È affascinante vedere tanta passionalità, tanto ardore… anche se il più delle volte finisce con una “bastonata” per uno dei due, in quanto purtroppo spesso scambiati per vipere e quindi “mortali” per l’uomo (ma non è così).
Lungo i sentieri, al fresco degli arbusti o nei pressi dei cigli delle strade, è possibile incontrare anche il Cervone, uno dei serpenti più lunghi e duraturi in Europa. Raggiunge anche i 2,60 mt e può vivere anche fino a 20 anni. È protagonista di molte credenze popolari: è infatti chiamato Pasturavacche, in quanto la credenza popolare voleva che fosse attirato dal latte delle vacche e delle capre al pascolo e che per procurarselo si attaccasse alle mammelle degli animali, o addirittura lo leccasse dalle labbra sporche dei lattanti.
Lungo i sentieri dei Monti del Matese, all’ombra di arbusti, nella macchia mediterranea, raramente ci si può imbattere nella famigerata Vipera aspis. Raramente perché è sempre più difficile trovare una Vipera! È l’unico serpente velenoso della Campania e quindi del Parco Nazionale del Matese: se non viene disturbata non attacca mai l’uomo; è costretta a mordere per difendersi solamente quando si sente minacciata. Il morso di una vipera non è quasi mai mortale per un adulto o per i bambini di età superiore ai 7 anni. La prima misura di prevenzione alla quale fare affidamento è l’indossare un abbigliamento adeguato alle passeggiate in luoghi impervi (scarponcini da trekking o da montagna, calze, pantaloni lunghi) che mantengano coperte e protette zone del corpo a rischio di morso. La seconda misura preventiva consiste nel porre la massima attenzione a dove si mettono le mani senza protezione (ad esempio durante la ricerca di funghi e asparagi).
La mancata conoscenza della fauna cosiddetta minore, porta a temere anche animali del tutto innocui. Gli anziani specialmente hanno sempre perseguitato gli animali “striscianti”, sottraendo spesso loro la vita, anche per il solo gusto di poter sferrare un colpo. Negli ultimi anni però, una massiccia presa di coscienza nei confronti della sensibilità ambientale, unita ad una consapevolezza di tutela territoriale, hanno fatto in modo da apportare un’inversione di tendenza: la continua sensibilizzazione e il risveglio atto alla riscoperta del patrimonio ambientale e naturale, ha reso più audaci sia i turisti che gli “indigeni” a convivere e superare le proprie paure.
foto di Antonio Mancuso, Rosario Balestrieri, Giovanni Capobianco