a cura di Lorenzo Blascetta

In un territorio a forte vocazione agricola come quello molisano, lo scorrere del tempo è strettamente legato al ciclo annuale della “vita nei campi”. Ci sono periodi in cui si prepara il terreno per la semina, periodi in cui si raccoglie ma anche periodi in cui ci si ferma, ci si riposa, si festeggia la buona annata precedente augurandosi lo stesso per quella che verrà. Queste ultime occasioni sono diventate oggi dei veri e propri eventi, caratteristici e identitari di un’intera comunità, che richiamano ogni anno numerosi visitatori.

La stagione primaverile è quella che più di tutte acquisisce un simbolismo importante nella vita di un contadino. La primavera è il ritorno alla vita dopo il freddo inverno, è la natura che si risveglia, è la stagione della rinascita. Fin dall’epoca precristiana era frequente l’uso di propiziare la buona stagione primaverile e il buon raccolto avvalendosi di rituali che avevano come “attore principale” una composizione fatta da fiori, erbe e piante: le cosiddette Pagliare. Ancora oggi i quattro borghi molisani di Acquaviva Collecroce, Fossalto, Lucito e Colle d’Anchise, nei primi giorni di maggio, si riempiono di suoni e canti, colori e profumi: sono i giorni delle Pagliare, giorni in cui si festeggia l’arrivo della primavera!

Le quattro feste si svolgono in linea di massima allo stesso modo: un uomo (nascosto all’interno della struttura) trasporta la Pagliara lungo le vie del paese esibendosi in balli, piroette e giravolte, accompagnato da un gruppo di cantori che intonano il caratteristico canto propiziatorio. Le quattro Pagliare differiscono tra di loro solo in alcuni dettagli: dal nome che viene dato dalla popolazione locale, dalle sue caratteristiche strutturali e dai particolari riti che vengono svolti durante la giornata. Il tema principale resta invariato: augurare una buona annata a tutti gli abitanti del paese.

IL MAJ – Acquaviva Collecroce

Il Maj di Acquaviva” è l’unica Pagliara delle quattro che ha un aspetto antropomorfo. In cima al classico cono fatto di fiori e piante che le contraddistingue, infatti, viene rappresentata la testa del Maggio, così da dargli una sembianza “umana”. I preparativi iniziano il giorno prima con la raccolta dei fiori e la costruzione del Maj, da parte di un gruppo di giovani volontari, e con la preparazione dei cibi che verranno offerti durante il corteo del 1° Maggio. Il percorso, infatti, è interrotto da alcune soste, in determinati luoghi strategici del paese, dove è possibile assaporare prelibatezze tipiche e locali.

Prima di aprire ogni banchetto viene eseguito il canto tipico del Maj. Nel canto viene annunciato l’arrivo del Maggio ed esaltato tutto ciò che la natura può offrire. È tradizione, poi, cantare stornelli improvvisati riferiti a particolari personaggi del paese o alla gente dei comuni limitrofi giunta lì per l’occasione. L’intero canto viene rigorosamente eseguito in lingua “na-našo“(croato molisano). Acquaviva è infatti uno dei quattro paesi di minoranza linguistica croata in Molise, insieme a Montemitro, San Felice del Molise e Tavenna. I riti delle pagliare sono molto legati alla cultura “dell’altra sponda del mare Adriatico”. È probabile, infatti, che la caratteristica della Pagliara a forma di cono sia stata portata proprio dai profughi che trovarono rifugio in queste terre agli inizi del 1500 e si sia diffusa nei vari paesi della regione.

LA PAGLIARE MAJE MAJE – Fossalto

Anche a Fossalto il rito della Pagliara, qui “Pagliare Maje Maje”, viene svolto il 1° maggio. A differenza di Acquaviva, il Maggio non ha caratteri umani ma viene rappresentato da un cono costruito con fiori e piante, raccolti anche in questo caso il giorno prima, con in cima una croce.

I cantori vengono accompagnati dai più classici strumenti musicali (fisarmoniche, tamburelli, bufù) e dalla tradizionale scupina, una piccola zampogna di canna ad ancia semplice ancora in uso a Fossalto. Il canto della Pagliara di Fossalto può essere diviso in tre parti: nella prima si annuncia l’arrivo del Maggio; la seconda consiste in stornelli improvvisati in cui vengono cantati gli auguri per gli abitanti; nella terza viene fatta richiesta di doni alimentari. Durante il corteo è di buon auspicio lanciare, dai balconi, dell’acqua sulla Pagliara, in segno di abbondanza nel raccolto, pronunciando la frase “Rascia Maj!” ovvero “abbondanza maggio!”. La giornata termina nella piazza del paese con un banchetto in cui vengono offerti cibi tradizionali, tra i quali una zuppa di legumi, olio e grano e con la consegna della croce al prete del paese.

IL MAJJE DDE LE DEFENZE – Lucito

Altra Pagliara del Molise è quella di Lucito: “Il Majje Dde le Defenze”. Il nome riprende il luogo dove, il giorno prima della festa, viene raccolta la vegetazione utilizzata per costruire la Pagliara: contrada Defenza.

Anche qui canti e balli accompagnano il Maggio lungo le strade del paese, augurando una buona annata alle famiglie. Come a Fossalto, è tipico il suono della scupina che insieme alla zampogna guida i maggiaioli nell’intonazione del canto propiziatorio. Il Majje Dde le Defenze ha partecipato nel 2019 al Tocatì, il celebre Festival Internazionale dei giochi antichi di strada che si tiene nella città di Verona.

RU PAGLIAR – Colle d’Anchise

A differenza degli altri tre eventi che si svolgono il 1° di maggio, a Colle d’Anchise il giorno de “Ru Pagliar” cade la prima domenica di maggio.

La particolarità di questa Pagliara sta nei quattro elementi che compongono la croce posta in cima al cono: il fico, simbolo di fertilità; il grano, a indicare l’abbondanza del raccolto; il giglio, come buon augurio per i figli; la rosa, come buon augurio per la moglie della famiglia. Prima di iniziare il corteo, che raggiungerà anche le campagne del paese, viene celebrata la messa e benedetto “Ru Pagliar”.

I riti delle Pagliare sono eventi che fanno parte della storia, della cultura e dell’identità di ogni luogo in cui si svolgono. Sono occasioni che bisogna vivere almeno una volta nella vita, che sanno augurare una buona annata ognuna in maniera unica e autentica.

Molise, una terra così piccola ma così ricca di particolarità, anche linguistiche. Sono ben due le minoranze linguistiche presenti nella regione: quella arbëreshë (di origine albanese) nei comuni di Campomarino, Montecilfone, Portocannone e Ururi e quella croato molisana. L’invasione da parte dell’Impero Ottomano lungo la penisola Balcanica, nella metà del XV secolo, portò gran parte della popolazione che la abitava a fuggire in varie parti d’Europa per evitare la sottomissione.

Una parte di questi popoli, provenienti dal sud della Dalmazia, attraversò il Mare Adriatico e si insediò in alcuni paesi tra l’Abruzzo e il Molise. Dopo 500 anni, quattro di questi comuni conservano ancora l’antico idioma slavo ereditato dai profughi dalmati: Acquaviva Collecroce, Montemitro, San Felice del Molise e Tavenna. La lingua, che i locali chiamano na-našo/u (alla nostra) e ufficialmente viene indicata come croato molisano, si conserva in maniera abbastanza forte ad Acquaviva e Montemitro; a San Felice viene parlata ormai da pochi abitanti, perlopiù anziani, mentre a Tavenna è stata ormai persa già da qualche decennio. Ciò che rimane è un profondo senso linguistico identitario da parte delle comunità e un forte collegamento anche con alcune usanze tipiche, come appunto la Festa del Majo (o Fešta do Maja) di Acquaviva. «Nemojte zabit naš lipi jezik» Non dimenticate la nostra bella lingua

Si ringraziano per le foto: Gabriele Romagnoli, Paolo Pasquale e Nicola Di Stefano